“Credo profondamente che anche nell’abisso più profondo, ci sia un universo da esplorare“. È così che conduco l’essere “docente“, con profonda umiltà.
Mai scorderò i miei insegnanti, ciò che da loro ho imparato. Severi, imperscrutabili a volte gentili, con non meno fragilità di quelle che comporta essere docenti oggi. Una passione la mia, come mi spiegò a suo tempo il mio “Prof”, incurante del mio scetticismo.
E già, invece gli insegnanti imparano presto a saper guardare oltre, dove spesso non guarda nessuno o perlomeno dove spesso nessuno riesce a scorgere nulla. Gli uomini e le donne della società futura dipendono dal nostro operato e dal nostro esempio, molti di loro saranno gli insegnanti del domani.
La vera capacità di un docente sta nel dissodare i “terreni più aridi e zollosi”, quelle realtà in cui manca una stabilità emotiva e l’affetto di una famiglia. Realtà in cui c’è solo voglia di lasciarsi vincere dalla vita. È facile coltivare un “terreno fertile”, esso va avanti da sé, questi i giovani che si trovano a vivere, realtà tranquille e siglate dall’affetto di una famiglia e che giustamente per quanto ci provino, non possono comprendere le problematiche altrui.
In una classe ogni alunno rappresenta un colore, è necessario far percepire tutte le sfumare insegnando la tolleranza e puntando all’arcobaleno. Ogni ragazzo può e sa di poter dare il proprio vissuto stimolando negli altri confronto e crescita. Quanto ci emoziona quel “Grazie prof” dietro la nostra più conscia autorevolezza.
Gli adolescenti combattono nel loro cuore una battaglia, tutti i giorni, che è quella di crescere senza commettere errori e spesso sono lasciati soli. Vivere la scuola significa farsi carico anche di cose che ci riguardano meno, ma per il “bene comune” cerchiamo una soluzione, quella soluzione che, a suo tempo, a noi fu negata.
Docente di diritto ed economia