MenteDidattica è la rivista per gli insegnanti, scritta dagli insegnanti. Un punto di riferimento per discutere, conoscere e condividere le migliori pratiche didattiche e scolastiche
Un buon lavoro di gruppo può decretare il successo del buon esito degli apprendimenti in una scuola, ma allo stesso tempo l’incapacità di aggregare persone e farle lavorare bene insieme può implicare un degrado della professionalità.
Unire i propri sforzi con quelli di colleghi porta ogni singolo docente a vivere una crescita rappresentata dallo stesso team collaborativo e, conseguentemente a toccare a realizzare “imprese” che sarebbero inimmaginabili per il singolo. Come negli sport più estremi la squadra è fondamentale per raggiungere l’obiettivo.
Ma è sufficiente? È sufficiente lavorare insieme agli altri per riuscire a realizzare progetti importanti? Sarebbe bello, ma purtroppo non è così.
Ed è proprio qui che entra in gioco il lavoro del leader e della formazione. Spesso infatti si vuol credere che la presenza del lavoro di gruppo sia sufficiente di per sé a raggiungere gli obiettivi e, di conseguenza, ci si dimentica di investire tempo e risorse per migliorarne l’efficienza.
L’aspetto sul quale riflettere riguarda la conoscenza del potenziale umano presente in una realtà scolastica per sfruttarlo al meglio. Il successo di una scuola, a mio avviso, dipende anche dai suoi collaboratori, che mettono in pratica queste idee. Pertanto la gestione delle risorse umane rappresenta un momento fondamentale, poiché avere le giuste risorse umane costituisce un elemento che differenzia un ambiente di apprendimento da un altro.
Ritengo che la buona scuola dipenda dalla qualità delle risorse umane possedute. Sono le persone che fanno la differenza, semplicemente per la capacità di restare nel continuo cambiamento, senza paure, né resistenze. Risulta fondamentale comunicare efficacemente all’interno della propria realtà, minimizzando gli sprechi di tempo ed energie, migliorando piuttosto la performance del team.
Per comunicare efficacemente è necessario sensibilizzare e promuovere comportamenti proattivi nella scuola, in ogni ordine e grado, a partire dalla scuola dell’infanzia, quale primo step del processo di apprendimento del bambino.
Ricordando sempre di passare efficacemente le informazioni, condividere e creare consenso nel proprio team di lavoro, con cui condividiamo le giornate lavorative e le scelte fatte.
Questo scena può stimolare la riflessione sull’importanza del team working. Su un team work non solo messo in pratica, ma messo in pratica bene. A volte anche i più esperti, i più navigati hanno bisogno di rivedere le cose da una prospettiva nuova, superando i propri interessi personali e i propri schemi. Non è affatto detto che i ruoli che hanno funzionato fino a quel momento non possano migliorare con l’arrivo di nuovi colleghi. Spesso dimentichiamo che l’unicità insieme alla novità rappresentano un arricchimento per il team.
Non significa che l’introduzione di nuovi approcci sia sempre una cosa positiva. Significa però che disinteressarsi alle novità, alla conoscenza e alla ricerca di innovazione è sicuramente una grande occasione mancata, proprio come nella scena del cortometraggio.
L’uccello più grande rappresenta la diversità con cui fare i conti, ma anche un’opportunità da valutare ed integrare nel lavoro del gruppo. Invece ciò che talvolta emerge è totale assenza di dialogo e resistenza all’innovazione. Questo è vero nel team work, ma anche in molti altri ambiti: quando si raggiunge una certa esperienza, può essere difficile rimettere in discussione se stessi e il proprio lavoro. Ci si ferma alle apparenze (in questo caso l’aspetto buffo del nuovo arrivato) limitando così la portata del proprio lavoro.
Fare cultura sul lavoro di gruppo non è facile soprattutto per questo motivo. La cosa fondamentale, nonché probabilmente la più difficile, è far capire come rimettere in discussione le proprie capacità di team work. Molto spesso a frenarci sulla strada del miglioramento sono l’orgoglio o la pigrizia, i quali fanno credere che lavorare in un team sia una capacità ormai acquisita, imparata, digerita e, dopo tanti anni “non ho di certo bisogno che qualcuno mi insegni come fare”.
Ma i risultati di questo atteggiamento potrebbero essere tragicomici e il gruppo di lavoro, credendo di volare alto, si potrebbe ritrovare, come dire, spennato dalla propria chiusura mentale, dalla mancanza di lungimiranza, nudo e privo di difese di fronte ad un mondo imprenditoriale che ormai ha ali molto più grandi e basi sempre più incerte. L’integrazione di nuovi elementi nei team può invece aiutare l’innovazione e la competitività.
La difficoltà maggiore resta riuscire a scardinare le posizioni che uno occupa ed a far sì che le persone parlino in maniera diversa, senza filtri; poiché siamo tutti sullo stesso livello, seppur con delle competenze diverse. Mettendoci gli uni accanto agli altri si aiuta il team a sviluppare nuovi modelli di azione partendo ognuno dalla propria esperienza.
Riprendendo le parole di Eric Hoffer “la terra sarà di coloro che apprendono, mentre coloro che hanno smesso di apprendere si troveranno ben equipaggiati per confrontarsi con un mondo che non esiste più”.
Precedentemente Assistente Sociale, ora insegnante di scuola dell’infanzia dal 2004. Coordinatore pedagogico e docente curricolare di ruolo presso l’I.C. Lodi V
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