Credo che il dibattito sulle modalità più opportune per restituire agli studenti parte di ciò che non è stato possibile garantire loro negli ultimi dodici mesi sia importante e doveroso.
E penso che vada condotto a 360 gradi, ragionando su quanto non si è potuto fare sul piano degli apprendimenti, ma senza tralasciare altre dimensioni di pari rilevanza (la socialità, lo sport, l’accesso ai luoghi della cultura e dello spettacolo, la possibilità di viaggiare…).
Se però si vuole che questo dibattito percorra i giusti binari e non generi contrapposizioni paralizzanti, occorre prima di tutto curare il linguaggio. Parlare di “tempo perso“, come spesso si legge o si sente dire, è ingeneroso e sbagliato: in questi dodici mesi, nelle scuole non si è perso tempo.
Al contrario, si è lavorato davvero senza sosta per guadagnare tempo, per garantire tempo, per difendere il tempo da dedicare all’apprendimento e alla crescita di tutti e di ciascuno.
Parlare di “tempo perso” implica che qualcuno quel tempo l’abbia perso per incompetenza o peggio negligenza: che sono fenomeni presenti nelle nostre scuole (come in ogni altro contesto), ma che certamente in tempo di pandemia sono stati semmai contrastati con più vigore e senso di responsabilità di quanto non avvenga di norma.
A scuola non c’è stato “tempo perso”. Partiamo da qui e poi discutiamo di tutto il resto.
Discutiamo di come e quanto i nostri studenti abbiano viste ridotte le loro possibilità di apprendere a causa dei limiti enormi imposti dalla pandemia e aggravati talvolta dalla scarsa capacità di affrontare per tempo alcune questioni di fondo (trasporti e tracciamento prima di tutto), e dai deficit antichi del nostro sistema di istruzione (edilizia scolastica antiquata, sistema di selezione e assunzione dei docenti disfunzionale, autonomia incompiuta delle istituzioni scolastiche).
Discutiamo di come creare le condizioni per recuperare gli apprendimenti e, soprattutto, per riproporre le esperienze che non si sono potute realizzare e che invece potrebbero dare un contributo importante alla formazione e alla crescita degli studenti.
Discutiamo anche di calendario scolastico, forse però più con l’occhio al domani e a una riprogettazione in prospettiva, piuttosto che con la propensione a far calare dall’alto un allungamento dell’ultimo minuto: che non sarebbe condiviso da troppi (studenti, docenti, dirigenti) e renderebbe molto poco in termini di recupero effettivo degli apprendimenti.
Dirigente scolastico presso IS Puecher Olivetti RHO